Un italiano in Albania, racconti di un’immigrazione al contrario. I motivi ed i primi passi.

Mi è stato chiesto di spiegare perché un italiano dovrebbe andare a lavorare in Albania in cerca di fortuna e spiegare questo paese, che pur essendo alle porte dell’Italia, è perlopiù poco conosciuto e noto quasi solo per luoghi comuni. Invito che ho accettato volentieri perché avevo già in mente di farlo tramite un blog personale che avrei aperto appena raccolte le idee e che quindi tanto più sono lieto di realizzarlo tramite le pagine di un sito di informazione così letto e conosciuto.
Innanzi tutto perché fuori dall’Italia. Beh, la risposta è complessa, variegata ma si può riassumere, andando al nocciolo in un concetto piuttosto semplice: non nutro più fiducia nelle possibilità di un paese che continua a voler vivere di gloria passata e si rifiuta di confrontarsi con un mondo che è cambiato velocemente e che sempre più lo farà in futuro.

Uno scorcio dal Castello Rozafa di Scutari
Allora perché l’Albania? Perché mi piacciono le sfide sostanzialmente, ma devo dire che ha pesato il fatto che mia moglie, giornalista albanese, ha influito non poco, soprattutto nel farmi “innamorare” di un paese che reputo con grandi potenzialità. E per rendere la sfida ancor più avvincente ho cominciato il percorso non da Tirana, capitale e centro egemone dell’economia nazionale, ma da Scutari, Shkoder in albanese, una città di grandi tradizioni culturali ma oggi rimasta un po’ esclusa, fuori dall’asse economico Tirana-Durazzo e dalla zona turistica marittima nel sud, considerata però la Firenze dell’Albania.
Per questo primo contributo comincerei dallo spiegare cosa serve per emigrare in Albania. Dal punto di vista umano e caratteriale la voglia di mettersi in gioco con capacità e professionalità, dal punto di vista invece della burocrazia è sufficiente: un certificato di nascita, un certificato penale con apostilla, dimostrazione dei titoli per cui si viene a vivere in questo paese (certificato di matrimonio nel mio caso, ma può essere un certificato di lavoro, l’iscrizione ad una università o l’avvio di un’attività economica), dimostrazione della capacità economica di mantenersi per il periodo previsto, copertura assicurativa privata. Questi documenti, nel caso tradotti e legalizzati da un notaio locale, servono per l’ottenimento del permesso di soggiorno che va richiesto entro un mese dall’arrivo. Potrebbe sembrare impegnativo ed invece si fa immediatamente. Al di là del tempo necessario ad ottenere in Italia il documento con apostilla (circa dieci giorni) qui ho fatto tutto in una giornata. I notai, numerosissimi, traducono e legalizzano tutto nell’arco di poche ore: si consegna e si ritira dopo una pausa per un caffè, che qui dura almeno un’ora (ma di questo avremo modo di parlare in futuro) per pochi euro. L’apertura del conto in banca, necessario a dimostrare la capacità economica, richiede mezzora e la sola copia di un documento di identità valido, ancora meno per l’assicurazione privata, necessaria quando non si lavori in Albania e quindi non si versino contributi per l’assistenza sanitaria, per la quale i costi sono inferiori ai 400 euro all’anno.
Durante l’attesa dell’arrivo dei documenti dall’Italia più persone mi avevano preannunciato la necessità di pagare degli “extra” se avessi voluto ottenere quanto mi spettava, introducendomi nel mondo di quello che è il primo grosso problema dell’Albania: la corruzione. Se ne parla sui giornali e se ne parla, anche qui, sulle strade e nei bar: la corruzione è il peso sull’economia albanese ed è il primo problema all’ingresso nell’Unione Europea. Lasciando da parte l’umorismo con cui alcuni amici italiani anti-euro hanno commentato ciò, definendolo un sistema di autodifesa, necessario proprio a scongiurare l’ingresso in un’Europa in disfacimento, credo sia una questione piuttosto sopravvalutata, su cui però sarà necessario avere altre conferme in futuro.
Per conto mio mi sono rivolto alla Direzione per l’Immigrazione della Polizia di Scutari dove ho ricevuto un trattamento con i fiocchi senza dover pagare assolutamente nulla più di quanto dovuto per legge, diecimila lek, pari a circa 70 euro, con rilascio di relativa ricevuta. Il commissario Kujtim Hoti, responsabile dell’ufficio, si è prodigato con gentilezza e disponibilità a chiarire dubbi interpretativi dell’applicazione della legge, fissando appuntamenti a cui si è sempre presentato puntuale e preparato (qualche differenza con quanto accade in Italia è emersa evidente ai miei occhi). Alla presentazione completa di tutta la documentazione ho ricevuto in tempo reale, questione di mezzora, un permesso di soggiorno temporaneo della validità di due mesi, con l’assicurazione che entro la scadenza, sarebbero state fatte le verifiche necessarie al rilascio di quello definitivo con validità un anno. Tempistica rispettata egregiamente in quanto ho ottenuto il permesso definitivo entro quindici giorni. Anche in questo caso le differenze con l’Italia sono evidenti. Un caso fortunato? Direi di no, e ne parleremo ancora in futuro. Al momento la chiave di lettura che ho di questo episodio è che, al di là di casi di corruzione grave, ma che esiste in tutti i paesi, compresa l’Italia, occorra presentarsi dimostrando serietà e competenza per ottenere quanto spettante. Stessi risultati sono arrivati quando infatti ho dovuto ottenere i vari documenti necessari per il permesso di lavoro, che ho dovuto richiedere essendo il mio permesso di soggiorno per motivi familiari. Anche in questo caso libretto sanitario e libretto per i contributi rilasciati in 24 ore senza i “costi aggiuntivi” che mi erano stati preannunciati.
Torneremo a parlare di corruzione, vera o presunta, in futuro, con chi avrà voglia di continuare a leggere questi miei racconti dall’Albania. Sono disponibile a rispondere alle domande di chi è interessato all’Albania e che voglia prendere in considerazione l’ipotesi di venire a vivere o intraprendere nel paese delle aquile./www.rischiocalcolato.it/

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